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Andrea Ferrari, legislazione fiscale caotica (Sole 24 Ore)

Legislazione fiscale «caotica» nel mirino al meeting dell’Aidc

Riflettori puntati su una legislazione fiscale sempre più caotica, da modificare anche con il contributo dei professionisti, che devono riprendere il loro ruolo di attori della realtà del Paese. È stato un messaggio forte, quello lanciato stamane a Lecce da Andrea Ferrari, presidente dell’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili, Andrea Ferrari, nel corso del VI meeting nazionale dell’Aidc.

Quella italiana – ha sottolineato il numero uno della sigla sindacale – è «una legislazione fiscale caotica, per contenuti e per metodi, che non ci lascia respirare. Un quadro economico in disgregazione, che non ci porta il lavoro che vorremmo. Rappresentanti di categoria criptici, che procedono manu militari in riforme di cui non conosciamo neanche il contenuto. Si tratta, ora, di intervenire, individualmente e collettivamente, per cambiare le cose».
Nel corso del suo intervento, Ferrari ha spiegato come siano molti i motivi di protesta di una categoria che si vede attaccata da più fronti. «Bisogna smettere – ha detto – di subire passivamente quanto accade e riprendere, rivendicandolo, il nostro ruolo di attori della realtà del Paese. Intervenire, in maniera determinata e precisa, sul nostro futuro, per il nostro futuro. Non basta attribuire il suffisso ‘4.0’ a cose vecchie per renderle nuove: le cose vanno cambiate, drasticamente». «Non esiste – ha concluso infine il presidente dell’Aidc – una burocrazia 4.0. La burocrazia deve essere arginata, razionalizzata. Non è oltremodo tollerabile una riforma fiscale che si dice moderna, ma che ci riduce ad impiegati del fisco. Non è infatti accettabile il continuo riversamento di attività di competenza della pubblica amministrazione sulle spalle del contribuente e, quindi, direttamente sulla nostra categoria. Se è pur vero che la riforma digitale deve essere fatta, non si può prescindere dal rivendicare che sia fatta con il concorso dei dottori commercialisti e non sulla loro pelle».

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