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Ricezione di Fatture Elettroniche errate

ASSOCIAZIONE ITALIANA DOTTORI COMMERCIALISTI – SEZIONE DI MILANO

COMMISSIONE NORME DI COMPORTAMENTO E DI COMUNE INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA

RICEZIONE DI FATTURE ELETTRONICHE ERRATE NELL’AMBITO DELLE OPERAZIONI TRA SOGGETTI IVA

NORMA DI COMPORTAMENTO N. 209

MASSIMA

Il principio di correttezza e buona fede induce il cessionario/committente che riceve una fattura errata o irregolare, a segnalarlo all’emittente affinché quest’ultimo possa emettere una nota di credito per eliminare o correggere la fattura. Ove le parti non trovino una soluzione condivisa, si possono ipotizzare tre situazioni.

Quando la fattura si riferisce a operazioni inesistenti (soggettivamente o oggettivamente) o, più in generale, non corrisponde a un rapporto contrattuale sottostante, il cessionario/committente non deve registrare la fattura ricevuta.

Nel caso in cui la fattura esponga l’addebito di un’imposta inferiore a quella dovuta, il cessionario/committente è tenuto a regolarizzare la fattura entro 30 giorni dalla sua registrazione in ossequio a quanto previsto dall’articolo 6, comma 8, lettera b), D.lgs. 471/1997.

Quando le irregolarità non determinano l’insufficiente determinazione dell’imposta, il cessionario/committente deve contabilizzare la fattura ed è legittimato alla detrazione dell’imposta, nei limiti dell’imposta effettivamente dovuta.

NORMA

Il principio di correttezza e buona fede induce il cessionario/committente che riceve una fattura errata o irregolare, a segnalarlo all’emittente affinché quest’ultimo possa emettere una nota di credito per eliminare o correggere la fattura (1). Ove le parti non trovino una soluzione condivisa, occorre considerare che l’articolo 6, comma 8, lettera b), D.Lgs. 471/1997 dispone che il cessionario/committente che riceve una fattura irregolare, entro 30 giorni dalla registrazione, è tenuto a emettere un documento integrativo, versando la maggiore imposta eventualmente dovuta. Le rettifiche possono riguardare il regime IVA e l’aliquota, ma anche gli altri elementi obbligatori ai sensi dell’articolo 21, D.P.R. 633/1972 presenti come dati obbligatori del tracciato XML. Consegue che il destinatario della fattura e l’emittente hanno 30 giorni per condividere l’esatto trattamento dell’operazione, e, di conseguenza, pervenire all’emissione, da parte dell’emittente, di una rettifica della fattura originale, con la procedura prevista dall’articolo 26 del D.P.R. 633/1972. Nel caso in cui le parti (cedente/prestatore e cessionario/committente) non trovino una soluzione condivisa, si possono ipotizzare tre situazioni.

Inesistenza dell’operazione

La fattura che espone un rapporto tra due soggetti che in realtà è inesistente è fiscalmente irrilevante. Similmente, la fattura che descriva un rapporto radicalmente diverso rispetto a quello effettivo, rimane priva di effetti fiscali. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui l’operazione riportata non sia effettiva (inesistenza oggettiva) o sia stata posta in essere da un soggetto diverso rispetto a quello che compare sulla fattura (inesistenza soggettiva), il cessionario/committente è legittimato a segnalare l’anomalia all’emittente per ottenere l’eliminazione integrale del documento, tramite l’emissione di una nota di credito. In ogni caso, non deve registrare la fattura, anche se essa è ricevuta tramite il sistema di interscambio, perché l’operazione descritta in fattura non corrisponde a un effettivo rapporto contrattuale sottostante stipulato tra le parti (2). L’inesistenza, peraltro, può derivare da atti volontari dell’emittente o da errori. È il caso, ad esempio, di fatture riferite a cessioni di beni programmate poi non effettivamente realizzate, oppure di fatture intestate a soggetti terzi che abbiano indicato erroneamente la partita IVA (3).

Errata applicazione del regime impositivo

 Nel caso di errata applicazione del regime impositivo, il cessionario/committente è tenuto a registrare contabilmente la fattura nel registro IVA acquisti, stante il tenore letterale dell’articolo 6, comma 8, D.lgs. 471/1997, che fa decorrere il termine di 30 giorni per la regolarizzazione della fattura dalla data di registrazione del documento. Peraltro, il cessionario/committente è tenuto regolarizzare la fattura nel caso in cui sia necessario integrare l’imposta “in aumento” (4). In tal caso, la regolarizzazione comporta il versamento dell’imposta che potrà essere portata in detrazione con i limiti temporali e oggettivi, previsti dall’articolo 19,

D.P.R. 633/1972. La regolarizzazione della fattura elettronica deve essere effettuata trasmettendo un’autofattura al sistema di interscambio secondo le modalità previste dal Provvedimento Agenzia delle entrate del 30/4/2018, n. 89757 (5).

Di conseguenza, l’obbligo di regolarizzazione sorge nelle seguenti ipotesi:

–          fattura per operazione esclusa, che avrebbe dovuto essere assoggettata a IVA;

–          fattura per operazione non imponibile o esente, che avrebbe dovuto essere imponibile;

–          fattura con aliquota inferiore a quella effettiva.

Nelle ipotesi di errata applicazione del regime del “reverse charge”, ove l’IVA sia stata assolta dal cedente/prestatore o dal cessionario/committente, non è necessario procedere alla regolarizzazione delle fatture errate (6).

Ove il cessionario/committente riceva una fattura con imposta non dovuta o applicata in misura superiore a quella effettiva, si attiverà per chiedere al fornitore una nota di credito e l’emissione di una nuova fattura corretta. Ove il cedente/prestatore non aderisca alla richiesta, il cessionario/committente è legittimato a regolarizzare la fattura ricevuta tramite il sistema di interscambio e, in ogni caso, deve astenersi dal portare etrazione l’IVA erroneamente applicata (7). Infatti, pur considerando che l’articolo 6, comma 6, D.lgs. 471/1997 fa salva la detrazione, nel caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, bisogna considerare che la sanzione va da un minimo di 250 euro a un massimo edittale pari a 10 mila euro e potrebbe essere disconosciuta l’applicabilità del cumulo giuridico a fronte di violazioni plurime.

Errori e irregolarità che non incidono sulla determinazione dell’imposta

Una terza ipotesi riguarda gli errori, contenuti in fattura, che non rilevano ai fini della determinazione dell’imponibile e dell’imposta, ma che riguardano aspetti formali o, talvolta, il contenuto informativo prescritto dall’articolo 21, D.P.R. 633/1972 (8). In queste ipotesi, il cessionario/committente è legittimato a chiedere al cedente/prestatore una nota di credito per stornare la fattura ricevuta tramite il sistema di interscambio e l’emissione di una fattura corretta. Se il cedente/prestatore non aderisce alla richiesta, il cessionario/committente è legittimato alla regolarizzazione della fattura ricevuta attraverso il sistema di interscambio. Tuttavia, qualora non vi provveda, ma contabilizzi la fattura, in ossequio alle regole previste dalla normativa vigente a prescindere dalle indicazioni (errate) contenute nella fattura, resta legittimato alla detrazione dell’imposta, nei limiti dell’imposta effettivamente dovuta.

Da ultimo, rileva osservare che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’onere di controllo imposto al cessionario/committente è circoscritto alla sola verifica degli elementi essenziali e formali della fattura, disposti dall’art. 21,D.P.R. 633/1972 (9). In termini più espliciti, la Corte di Cassazione esclude che sussista un obbligo di sindacare le valutazioni giuridiche espresse dal cedente/prestatore, in capo al cessionario/committente (10). Pur in presenza di tale consolidato indirizzo della Suprema corte, la prassi operativa adottata dall’Amministrazione finanziaria – che accerta costantemente la corresponsabilità del cessionario/committente in tutti i casi in cui è constatata un’errata applicazione dell’imposta ad opera del cedente/prestatore – induce il cessionario/committente a una disamina attenta del trattamento IVA applicato dal cedente/prestatore. Solo in ultima istanza, infatti, il giudizio sulla ragionevolezza delle valutazioni giuridiche del cessionario/committente è rimesso al giudice, così come l’eventuale disapplicazione delle sanzioni, ai sensi dell’articolo 8, comma 1 (11), D.Lgs. 546/1992, dell’articolo 6, comma 2 (12), D.Lgs. 472/1997 e dell’articolo 10, comma 3 (13), L. 212/2000).

Note

1 L’onere in capo al cessionario/committente di segnalare l’errore al cedente/prestatore è stato confermato anche dall’Agenzia delle entrate nella risposta ad interpello 133/E/2020. In particolare, l’Agenzia delle entrate ha precisato che per accedere alla procedura di regolarizzazione delle fatture, ex articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 471/97, è necessario “che il committente/cessionario abbia preventivamente comunicato, ove possibile, al prestatore/cedente l’errore commesso, affinché quest’ultimo proceda alla sua correzione mediante emissione di una nota di variazione ex articolo 26 del decreto IVA a storno della fattura errata ed emissione di una nuova fattura corretta”.

2 Cfr. Nella FAQ n. 18 pubblicata il 27/11/ 2018 sul sito www.agenziaentrate.gov.it, l’Agenzia delle entrate ha confermato che “L’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica non ha introdotto disposizioni riguardanti il “rifiuto” di una fattura. Pertanto, nel caso in esempio, il cessionario che riceva una fattura per una partita di merce mai ricevuto potrà rifiutarla o contestarla comunicando direttamente con il cedente (es. via email, telefono ecc.)”.

3 Nel caso in cui l’emittente indica una partita IVA errata la fattura, secondo le procedure attualmente vigenti, viene recapitata dal sistema di interscambio a un soggetto diverso dal reale cessionario/committente

4 Cfr. Circolare ministeriale 23/E/1999 (paragrafo 2.7), che, commentando l’articolo 6, comma 8, lettera b), D.Lgs. 471/1997 ha chiarito

  1. b) che per “fattura irregolare” si deve intendere quella recante un imponibile oppure un’imposta inferiore.

5 Con l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria è prevista una procedura di regolarizzazione esclusivamente telematica tramite il canale messo a disposizione del Sistema di Interscambio. L’articolo 6.4 del Provvedimento Ade 30/4/2018, n. 89757 dispone che per la regolarizzazione dell’operazione prevista dall’articolo 6, comma 8, D.Lgs. 471/1997, il cessionario o committente deve trasmettere un’autofattura elettronica al Sistema di Interscambio indicando il codice TD20 nel campo “Tipo Documento”, i dati del fornitore nella sezione anagrafica del cedente o prestatore e i propri dati nella sezione del cessionario o committente. Secondo il citato articolo 6.4 “la trasmissione dell’autofattura al SdI sostituisce l’obbligo, di cui all’articolo 6, comma 8 lettera a), del decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, di presentazione dell’autofattura in formato analogico all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente”.

6 La non obbligatorietà della rettifica in caso di errata applicazione del “reverse charge” si desume dalla circolare 16/E/2017 e dal provvedimento Ade 15/3/2019, n. 62274, che precisa: “La rimozione non va effettuata quando non sia possibile o necessaria avuto riguardo ai profili della violazione formale. Rientrano in tale ipotesi, ad esempio, le violazioni riguardanti l’errata applicazione dell’inversione contabile, ai sensi dei commi 9-bis1 e 9- bis2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.

7 In questa ipotesi il cessionario / committente potrebbe contestare il pagamento dell’IVA e emette una nota di debito per l’IVA (o la parte di IVA) non dovuta, così che anche contabilmente il debito verso il fornitore si possa azzerare.

8 Può trattarsi, ad esempio, di errori relativi ai dati anagrafici (denominazione, sede, partita IVA, eccetera) del cessionario/ committente, alla generica descrizione del bene ceduto o del servizio reso, all’errata indicazione o del codice di esclusione o di non imponibilità IVA. Con risoluzione 72/E/2019 l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che debba essere attivata la procedura di regolarizzazione in caso di omessa indicazione della partita IVA del gruppo IVA.

9 Fra le tante, si veda la sentenza n. 26183 del 12 dicembre 2014 (ud 23 aprile 2014) – della Cassazione Civile, Sez. V: “24. (…) il

“controllo” richiesto al cessionario/committente è intrinseco al documento, in quanto limitato alla “regolarità  formale” della  fattura e dunque alla verifica dei requisiti essenziali individuati nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, tra cui i dati  relativi alla  natura, qualità, quantità dei beni e servizi, l’ammontare del corrispettivo,  l’aliquota,  l’ammontare  della imposta  e  dell’imponibile e – per quanto qui interessa – la effettiva annotazione sulla fattura di “operazione non imponibile” in quanto ricompresa nei servizi  di cui….”. In senso conforme, si vedano Cassazione, sentenza n. 19743 del 28 agosto 2013, sentenza n. 7299 del 11 maggio 2012, sentenza n. 19624 del 11 settembre 2009.

10 Prosegue la sentenza n. 26183 del 12 dicembre 2014 affermando che “25. Dal tenore della norma sanzionatoria deve, invece, escludersi che sia richiesto al soggetto che riceve la fattura anche un controllo di natura sostanziale in ordine alla corretta qualificazione fiscale della operazione, tenuto conto che il riferimento alla “maggiore imposta eventualmente dovuta” (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1841 del 18/02/2000; id. Sez. 5, Sentenza n. 7681 del 16/05/2003)”

11 L’articolo 8, comma 1, D.Lgs. 546/1992, rubricato errore sulla norma tributaria, stabilisce: “La commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce.

12 L’articolo 6, comma 2, D.Lgs. 472/1997, rubricato cause di non punibilità, stabilisce: “2. Non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento”.

13 L’articolo 10, comma 2, Legge 27/07/2000, n. 212 , rubricato tutela dell’affidamento e della buona fede, Errori del contribuente, stabilisce: “2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa”.

Norma di comportamento n. 209