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La Cassazione conferma: debiti previdenziali prescritti in 5 anni

La Cassazione torna a pronunciarsi in tema di prescrizione dei crediti degli enti previdenziali.

In particolare, nella recente sentenza n. 26507 del 20.11.2020, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate – Servizio riscossioni, la quale sosteneva che nel caso di tardiva impugnazione della cartella di pagamento da parte del debitore i crediti contributivi accertati soggiacciono al termine di prescrizione decennale ex art. 2953 c.c., in luogo del termine quinquennale previsto dall’art. 3, commi 9 e 10 della Legge 335/95, ha ritenuto necessario ribadire i principi già affermati dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 23397 del 17.11.2016.

Secondo la Corte, invero, la definitività delle cartelle per crediti contributivi non opposte nei termini (40 giorni ai sensi dell’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999), pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito contributivo senza determinare la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10 della L. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cod. civ., in quanto la cartella esattoriale, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

Tale principio, precisa la Corte, è di carattere generale poiché trova applicazione con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative.